domenica 28 aprile 2013

Con un Capo dello Stato comunista ... moriremo democristiani. E' destino

Dunque, il delitto politico (quasi) perfetto, è consumato. Vittima predestinata è il PD, con i suoi elettori traditi e beffati e il suo segretario dimissionario Bersani.
Vincitore è tal Silvio Berlusconi, detto il Caimano, dato per  moribondo dopo 20 anni di malgoverno, e resuscitato dopo un anno  dai maldestri  interventi di avversari incapaci o volutamente complici,  e con il fortissimo sostegno di un popolo di 8 milioni di elettori che gli hanno riconfermato la fiducia e il voto.
A nulla sono serviti i voti di altri 16 milioni di elettori, equamente divisi tra PD e M5S, ma tutti  convinti, in campagna elettorale, di riuscire a mandare in Parlamento rappresentanti che avrebbero messo in minoranza  e "mandato a casa" Berlusconi.
E invece a casa è stato mandato solo il democratico  Bersani. E a guidare il prossimo governo sarà un perfetto prodotto della scuola democristiana, maestra nel mediare e nell'arte del compromesso, con la faccia pulita e il guanto di velluto.
Il  vecchio vizio del "nepotismo" dei Papi, ormai  debellato  nella Chiesa, è ricomparso  nella politica nazionale, con  l'assegnazione della carica di Capo del Governo a Enrico Letta, vicesegretario del PD e nipote di Gianni Letta, già ministro plenipotenziario e uomo ombra di Berlusconi.

Il  "delitto politico"   (quasi)  perfetto del tanto deprecato (a parole) "inciucio", si è consumato sotto la potente regia  di Giorgio Napolitano, inamovibile  uomo politico di lungo corso, della vecchia guardia comunista, campione di realpolitik, che, primo caso nella storia della Repubblica italiana,  è riuscito a farsi riconfermare nella carica settennale di Presidente della Repubblica per quasi unanime  implorazione di partiti incapaci di eleggere qualcun altro.
Ora abbiamo una quasi Monarchia, con un Presidente-Re che si può permettere di indicare anche la formula di governo, con l'imposizione forzata di "larghe intese" e  coabitazione di partiti finora rivali e  dai contenuti programmatici e ideologici diversi, quando non opposti (sulla carta).
E sì che di altri candidati autorevoli ce ne erano almeno due: Prodi e Rodotà, ma entrambi sacrificati sull'altare dei veti incrociati e dalla  mancanza di volontà di costruire una strategia concordata tra PD e M5S, che poteva essere vincente, e consentire di sconfiggere finalmente il disonorevole "caimano".
Ma la cecità e  lo spietato  opportunismo dei  clan  che si sono  formati all'interno del PD per scalzare e delegittimare Bersani e l'ottuso e  ostinato  arroccamento di Beppe Grillo che ha voluto pure lui umiliare Bersani e respingere con insulti i suoi tentativi di gettare le basi per un accordo, ha fatto sì che  si rendesse inevitabile, per uscire dallo stallo, l'accordo tra PD e PDL.

Come nel famoso romanzo giallo di Agatha Christie, "Assassinio sull'Orient Express",  i pugnalatori sono stati tanti, ognuno con la sua vendetta personale  da consumare. Ma almeno in quel giallo la vittima era un  delinquente.
Nella nostra realtà italiana, "uccidere"  il PD, o metterlo in condizioni di arrivare forse ad una scissione, o quantomeno a perdere  ancora di più la sua identità e il suo ruolo storico  di partito forte che doveva difendere le classi popolari e una certa idea di uguaglianza nei diritti, legalità e giustizia sociale, non mi pare un gran bel risultato per il bene del Paese.
Ma ormai il danno è fatto. La trappola infernale è scattata. Sotto la pressione del Capo dello Stato, e il ricatto, morale e politico, del quasi universale richiamo di tanti al "senso di responsabilità", al bisogno urgente di un governo che governi, anche chi all'interno del PD voleva opporsi a questo abbraccio mortale col PDL, dovrà rassegnarsi a votare la fiducia o a trovarsi in esigua minoranza.
Abbiamo vissuto per decenni sotto il potere degli Andreotti e dei Cossiga, moriremo democristiani-berlusconiani sotto l'occhio vigile di un comunista.
E non si speri in Grillo, perchè questo è il risultato che anche lui voleva, e su cui vivrà di rendita, gridando - ma non troppo- al lupo e all'inciucio, senza doversi assumere responsabilità di Governo in un momento così difficile per la nostra economia.

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